PANDEMIE

”Amòò(r)!!!”o della nuova Penelope

”Amòò(r)!!!”o della nuova Penelope

Il termine ”amore” , nella serie di quelle pandemie linguistiche, oggi si traduce con il termine semidialettale ”amòò(r)”. Da dove venga fuori o come sia nato questo termine, ci sono diverse scuole di pensiero, non ultima quella, abbiamo sentito, che la affida a una ascendenza televisivo-calcistica. Ma cosa voglia dire o suggerire quella parola così straordinaria, beh, un episodio, tra i tanti, può aiutarci a coglier qualche indizio e dettaglio per provare a rispondere…

Sono, qualche tempo fa, sul treno, immerso in un’atmosfera post apocalittica, in una giungla di cellulari , smartphone, tablet e sguardi vuoti, tipo ”L’invasione degli ultracorpi” o ”Occhi bianchi sul pianeta Terra”. All’improvviso, da quella incantata giungla digitale, si leva la voce distinta e stridula di una giovane donna che, senza pudore alcuno, subito, ad alta voce, attacca: ”Amòò(r)!!!” E io penso , per il suono dolciastro e strascicato con cui quella voce lo pronuncia, che si tratti di una esclamazione, quella che, se non sbaglio, puoi scrivere, a seconda del valore e dell’ intensità che le dai, con uno, due, tre punti esclamativi (!!!). A perdifiato, però, quella giovane brunetta, spara un altro ”Amòò(r)”, più colorito e vibrato. Penso, allora, che questo sia il nome del suo compagno, e che il primo ”Amòò(r)” sia una semplice apposizione e che quindi non si debba scrivere con alcun punto esclamativo, neanche uno. Ma ecco, subito dopo la pausa di una interrogativa, rivolta all’altro capo del telefonino, ”Piove?”, un altro ”Amòò(r)”. Cosa vorrà dire, mi chiedo scosso dalla reiterazione di quel nobile termine, la mia dirimpettaia? Certamente vorrà esprimere un affetto sconfinato verso il suo compagno. La sua incontinenza ed esuberanza nel pronunciare quell’ ”Amòò(r)” mi sembra, allora, più che giustificata. Ma non ho finito di fare questa breve riflessione che ecco arrivare alle mie orecchie, dopo un’altra sua domanda col telefonino ”Cosa mangi?”, un altro ”Amò…”, questa volta sincopato, e poi un altro tagliuzzato ”A…mò…òr”, dopo che la giovane ha chiesto, affettuosamente, al suo invisibile interlocutore, ”Sei seduto?” A seguire, poi, fa esplodere un altro sorprendente ”Amòò(r)”  a cui si aggiunge un incomprensibile ”Dolcetto o scherzetto?”  Sarà da quel momento in poi, però, che come un impetuoso torrente in piena che ha  tracimato, esondando in tutte le direzioni, che quell’amante fervente, esploderà, in modo irrefrenabile, col miracoloso telefonino, in un incontenibile fuoco pirotecnico:

”Amòò(r)”…”Amòò(r)”…”Amòò(r)”…”Amòò(r)”…”Amòò(r)”… Non mi raccapezzo più in quell’orgia verbale che affonda ogni mia più sublime e generosa fantasia interpretativa. Una tremenda e meravigliosa parola che, solo pronunciandola, avrebbe fatto, in altri momenti, paralizzare il corpo, battere forte il cuore, scoppia in un puro compulsivo tamburellare, senza emozioni di ”Amòò(r)…”Amòò(r)…”Amòò(r) ! Mi chiedo il perché di tanta efferata orgia, di tanto affanno, ma proprio allora mi pare di ascoltare dall’altra parte del cellulare di quella giovane Penelope dalla impossibile tela, solo un ”Bau! Bau!”

Mi pare di comprendere, così, in quella traccia canina, il profondo significato di quel pirotecnico ”Amòò(r)”. La giovane ”Penelope” , forse, si stava chiamando, attimo per attimo, come in un drammatico, elettronico, diretto cortocircuito, alla sua esistenza, in una Rete senza volti che tutto sprofonda e divora.Apro un libro che mi porto nello zainetto e leggo alcuni frammenti di una poesia di Saffo:

Le stelle intorno alla bella luna
celano il volto luminoso
quando,al suo colmo,
più risplende sopra la terra… argentea…
e io desidero e bramo…

Di ghiaccio divenne 
il loro cuore
e le ali si chiusero…