Lo sviluppo della percezione del silenzio per l’uomo contemporaneo
da “Quando l’arte diventa silenzio”
Parlare di silenzio in una società rumorosamente sviluppata come quella del Ventunesimo secolo è un affronto. La percezione sonora si è trasformata nel tempo insieme allo sviluppo sociale, inconsciamente l’orecchio di un individuo è arrivato a percepire una quantità indefinita
di decibel sempre maggiore, un’atmosfera rumorosa è un sottofondo costante in qualsiasi attività quotidiana. Un tempo le civiltà antiche tendevano ad allontanare i lavori rumorosi dalla città, oggi, anche a causa di una sempre maggiore urbanizzazione, sono i posti più rumorosi.
Sono quindi trasformati anche i rumori e la quantità di essi che l’uomo percepisce. Il tema dell’inquinamento acustico è un tema di cui si parla molto, si cerca costantemente di trovare soluzioni per una riduzione consistente del numero di frequenze percepite, molti i riferimenti
normativi per una limitazione dell’inquinamento acustico. E’ come se da uno sviluppo sonoro si volesse tornare, al contrario, ad una ricerca del silenzio. Trovare ambienti silenziosi in città urbanizzate, oggi, è praticamente impossibile. Questa nostra continua immersione nel rumore
agisce su una diversa percezione di paesaggio sonoro, tanto che, quando entriamo in un luogo naturale, come un parco, in cui i rumori della città sembrano distanti, questo ci sembra un posto silenzioso. Spesso si definiscono luoghi silenziosi quei posti in cui il nostro orecchio può semplicemente riposare.
Jessica Basso, nata a Milano nel 1988.
Si occupa di arte visiva e sound art. Si diploma nel 2014 all’Accademia di Belle Arti di Brera Milano in Nuove tecnologie dell’arte, con una tesi dal titolo “Quando l’arte diventa silenzio”. Nel 2012 inizia un cammino nelle artiterapie, in particolare nella danzaterapia come video documentarista. Nei suoi video “Investiga sensibilmente, ricercando dettagli che rivelano l’anima e il suono di chi danza“ (corpo e suoni, ottobre 2014), arrivando in seguito come assistente alla direzione artistica in diverse performance di danza.
La sua viva passione le permette di conseguire nel 2015 una borsa di studio per il Master Sound Art – Sound design per l’arte e l’intrattenimento nelle industrie creative dell’Ard&Nt Institute di Milano, permettendole di lavorare con professionisti come Bill Fontana, Nicolas Misdariis (IRCAM), Christophe Kihm, Pinuccio Sciola e altri.
Nel 2016 realizza la sua prima mostra al Festival Musica e Suoni di Sarzana con tre installazioni site specifc (“Partiture Tattili” un progetto con Gaia Anna Urbanetto, “Chaos- dimensioni” e “Muro Sonoro”). Nel 2016 espone “Partiture Tattili” a Villa Tittoni, Desio per Parco delle Culture.
È musicoterapista, studia e lavora con la musicoterapia dal 2015, utilizza elementi artistici anche in questo campo. Nel 2019 scrive “Io s(u)ono, la trama del silenzio tra corpo, relazione e percezione”. Lavora a progetti video e fotografci personali. Il suo approccio all’arte si basa sull’osservazione e l’ascolto, strumenti essenziali per sensibilizzarsi e ritrovarci negli altri.
Nel 2019 espone alla Gallerie Joseph Turenne di Parigi per la mostra fotografca “Ethereal: a daily poetry” di ImageNation a cura di Laura Tota. A novembre 2019 espone il progetto fotografco “MCM_frammenti” a Paratissima15 Torino nella sezione Ph.Ocus curata da Laura Tota. Dal 2019 è contributor per PhotoVogue.
De Amicis e Proust raccontano di un paesaggio ottocentesco già con situazioni acusticamente fastidiose, con lo strepito di carrozze e gli echi delle processioni, ma erano suoni distinti che caratterizzavano situazioni diverse, spesso i rumori erano circoscritti in situazioni lavorative, di fabbrica ed il silenzio esisteva nello stesso modo in cui esistevano i rumori. Un cambiamento sonoro fondamentale avviene con la comparsa dell’industrializzazione nel Novecento, il fenomeno acustico si diffonde e diviene puramente meccanico e disumano, il rumore diventa simbolo del progresso, la società si riconosce nel proprio rumore identificandolo come vita.
La prima celebrazione del rumore e la sua prima giustificazione filosofica vedono la luce con il Futurismo: il rumore, il suono dell’avanzare, le sirene del progresso e del divenire, si trasformano in arte. Si sposta un importante punto fermo, dai suoni come metafore sublimate delle esperienze e dei rumori del mondo, ai rumori organizzati in opera, portati dal mondo esterno all’interno dell’arte. Carlo Carrà chiamò la pittura l’arte del silenzio. “I pittori dell’antichità, del Rinascimento, del Seicento e del Settecento non intuirono mai la possibilità di rendere pittoricamente i suoni, i rumori e gli odori…” Luigi Russolo, compositore e pittore italiano, scrive: “La vita antica fu tutta silenzio. Nel diciannovesimo secolo, con l’invenzione delle macchine, nacque il Rumore. Oggi, il Rumore domina sovrano sulla sensibilità degli uomini”.
Abitualmente noi prestiamo maggiore attenzione a quella parte di suoni che emerge da uno sfondo sonoro, eterogeneo e confuso. Siamo avvolti come da un magma indistinto di rumori. Immersi nella totale confusione sonora tendiamo ad ascoltare suoni che si distinguono per una diversità timbrica e di senso. Quando riusciamo ad isolare nell’ascolto quel magma rumoroso ed distinguerlo in un unico suono togliendolo dal suo contesto, scopriamo un nuovo tipo di composizione. Il 2 giugno 1913 Russolo presenta per la prima volta al pubblico l’intonarumori, uno scoppiatore. Strumento in grado di riprodurre il rumore caratteristico del motore a scoppio e variare il tono di questo rumore entro il limite di due ottave. Luigi Nono, uno dei più importanti compositori del secondo Novecento, sostiene che silenzio e rumore non siano contrapposti. Per Nono silenzio è tutto ciò che non comunica nulla di definito. Un vuoto è silenzio, l’assenza di vibrazioni è silenzio, così come il rumore continuo. L’esempio che fa Nono è quello del traffico metropolitano, uno rumore così continuo e indefinito da non comunicare nulla, tanto da essere quindi un silenzio. Il fatto di essere indefinito e la sua indeterminatezza rende il rumore una forma di silenzio. Un vuoto acustico e un insieme di vibrazioni senza una periodicità hanno due cose in comune: la mancanza di un messaggio, di comunicazione; la seconda è la possibilità, come qualsiasi cosa informe, di divenire qualsiasi cosa. Silenzio è lo stadio precedente il suono e silenzio è la mancanza d’informazione definita nella caotica somma vibratoria del rumore. Questo affida al silenzio una connotazione con il rumore nella mancanza di comunicatività definita e nella capacità espressiva. Il silenzio è significativo anche per l’indirizzo percettivo. Il rumore è sempre stato oggetto di potere, di diffusione, di partecipazione nella comunità. Oggi, in questo contesto di rumore continuo, la ricerca della quiete, quindi del silenzio, viene visto come uno stato mentale di intolleranza, di emarginazione dall’ambiente non solo acustico, ma anche sociale. Il compositore R. Murray Schafer a partire dagli anni Sessanta conduce degli studi sull’ecologia del suono, iniziando da un’analisi sull’inquinamento acustico estremamente in crescita. Il suo lavoro si incentra su uno sviluppo all’ascolto del suono ambientale, arrivando a trattare il suo principale lavoro: il paesaggio sonoro. Espone un’analisi sonora temporale distribuita fra i vari passaggi nell’età della storia. In un mondo più antico l’udito era un senso più essenziale della vista, mentre oggi i suoni passano in secondo piano rispetto alla visione, soprattutto nell’uomo occidentale. L’ambiente acustico indica le condizioni sociali che l’hanno prodotto e quindi può fornire informazioni sullo sviluppo di una determinata società. Schafer orchestra un piano d’ascolto che va oltre la superficie sonora.
“L’uomo ama produrre dei suoni per ricordarsi che non è solo. L’uomo rifiuta il silenzio totale.
L’uomo moderno evita il silenzio per alimentare la propria credenza fantastica in una vita senza fine. Per l’uomo occidentale la contemplazione del silenzio si è trasformata in un’esperienza negativa e terrificante. Quando l’uomo si considera al centro dell’universo il silenzio può soltanto essere considerato in termini approssimativi e non assoluti. Se il silenzio precede il suono, il nervosismo dell’attesa lo rende più vibrante. Se il silenzio interrompe o segue il suono, questo stesso silenzio riflette la trama dei suoni passati e questo stato perdura finché la memoria lo conserva. Ergo, per quanto oscuramente, il silenzio è suono.” Schafer.
Jessica Basso