Max Angelus Balancer
Accarezzati dal venticello di una calda sera di luglio, ci siamo seduti a un tavolo di un bar del centro antico della città, per parlare di stone balancing. Massimiliano (Max) Di Gioia, artista balancer, mi avrebbe introdotto a quest’arte di cui lui, nel nostro Sud, è un antesignano.
Come in un flusso narrativo, avremmo dipanato quel discorso articolandolo in più momenti, ogni momento segnato da un focus. E naturalmente la statua dell’ Angelus Novus da lui realizzata nella nostra sede di Serra Petrullo, ispirata a un testo del grande filosofo Walter Benjamin, collocata su una pietraia, con le spalle rivolte al paese, di fronte al casale, oltre il quale, da Castel del Monte, soffiano forti e freddi venti, ne sarebbe stato il primo momento narrativo.
L’espressione di Massimiliano mentre parla si fa tesa e contratta, ma la sua voce resta calma e serena, mentre, di tanto in tanto, sorseggia un po’ di birra e si accende qualche sigaretta. Nella narrazione della sua arte spesso scende nelle sue storie personali, che sono storie della sua infanzia e di suo nonno, innamorato delle arti e della natura. Sono storie di fascinazioni e di incanto. Sono storie della sua anima che affondano anche in dimensioni ancestrali. Perché la pietra, che è la materia e la ”protagonista” assoluta dell’arte dello stone balancing, ci dice Max, è energia e viene da lontano, è al di là del singolo uomo, c’era prima e ci sarà dopo. In un certo senso l’ancestralità e la permanenza hanno a che fare con una certa ”eternità”. Ed è su questa eternità che lo trascende che l’artista balancer deve trovare il suo respiro. Deve incontrare il respiro e l’equilibrio della pietra (e della Natura tutta) sintonizzando e modellando, con intuito e disciplina, il proprio respiro e la propria conoscenza interiore. Deve saper cogliere, in una specie di intimo e poetico dialogo con la pietra, il suo baricentro che è la sua anima più profonda, nel contesto di un bilanciamento con l’ambiente e il paesaggio. Il senso del tatto, in questo silenzioso dialogo, è, allora,quello che meglio permette all’artista di auscultare la pietra. La accarezzerà, il balancer, quasi sentendone il sapore e il respiro sacrale. E solo allora questa parlerà di sé, come una voce che viene da lontano, si confiderà a lui, si farà altra e antica narrazione. Ma attenzione, avverte Max, la pietra può ferire, taglia… L’artista, di quell’evento delle pietre e sassi posti in equilibrio tra loro, è padrone fino a un certo punto. Perché, in fondo, che cosa cerca il balancer in quel dialogo tattile e artistico? In un percorso che è sensibile conoscenza di quella particolare pietra in rapporto ad altre particolari pietre, in un determinato contesto ambientale, egli cercherà nell’istante, come in ciò che sta lì, e stante lì (in-stante) è il ”tutto compiuto”, l’esatto equilibrio, il giusto millimetrico bilanciamento per quell’istante che non può che essere, però, che totalmente precario (e irripetibile). Penso, allora: è sufficiente un alito di vento o di un respiro, la minima, impercettibile vibrazione del suolo, il lontano battere d’ali di un minuscolo insetto, forse il mio stesso pensiero e tutta quella scultura Batuuum!!!, frutto di una paziente attenzione, crollerebbe… Il frammento in un Tutto… Ecco perché, in un’attenta e continua disciplina e conoscenza di sé, in una continua disamina e costante concentrazione, l’artista, attraverso un profondo gioco tattile con la pietra, può solo sperimentare momento per momento. L’uomo non comanda, non decide la durata… Basta poco e si apre allo scacco! Ma, subito precisa Massimiliano, in quell’attimo, quella pietra, trovando il suo baricentro in rapporto al Tutto, ha trovato la sua anima e si apre a noi come eterno suo profondo racconto.
Ed ecco, in queste riflessioni attorno ad un tavolo e a due bicchieri già da tempo vuoti, il significato e la centralità dell’angelo che, per noi, non può non configurarsi e apparire che come quell’ ”Angelus Novus” di Serra Petrullo che porta la firma di Max e la data 17 aprile 2019. Di cosa ci parlerà quell’angelus-balancer?
Massimiliano ci dice subito che ci parla dello stupore…Stupore per una Serra da decenni abbandonata (alcuni fugaci momenti della sua fanciullezza sono legati a quei luoghi)…Stupore per la nascosta bellezza che si percepisce andando oltre il visibile, bellezza che si sente con l’anima, perché solo l’anima può cogliere e risvegliare in quelle pietre e pietraie, in quei muretti a secco, in quel casale e trulletti semidiruti, un paesaggio che si fa tempo ed eternità nello stesso attimo. Ecco, allora, che l’ ”Angelus Novus” si presenta come l’espressione di tutto questo, come un suo annuncio di rinascita. Le pietre e i sassi, per quello ”strano” angelo, dice, infatti, orgogliosamente Max, sono stati tutti recuperati da Serra Petrullo e trasformati, con la tecnica dello stone balancing in arte, perché, in quella composizione, le pietre e i sassi, sollevati da terra dove giacevano, trovassero nuova linfa, ritrovassero, con il paesaggio, la loro antica anima. Ed effettivamente l’impressione che si ha, a guardarlo, quell’angelo, è quella di un corpo che, come per magia, si è fatto con pietre che, da sé, si sono levate dal basso, vincendo la forza di gravità. L’artista ha solo danzato con loro. Max ”si è lasciato fare, guidare dalla pietra”.
Ma quell’ ”Angelus Novus” ci parla anche da un tempo che non è tempo, da un’età che non è un’età, come se fosse stato lì da sempre e non avesse avuto una qualche origine. Come se gli eoni e l’eternità fossero tutti in un istante raccolti.
Il suo stare è la vera potenza. Ma in quello stare, l’osservatore può cogliere frammenti e volti suoi sempre diversi e cangianti, in una infinita interpretazione. La luce e le ombre che, nel giorno-notte e nelle stagioni, cambiano, svelano sempre nuove fantasmagorie di forme e di colori, di sensi.
Sta lì, su quella pietraia, prosegue Massimiliano, con lo sfondo del paese. Si erge distante nella sua ferma dignità. Il suo volto col foro è un invito di ”trascendimento” a chi lo osserva E’ un invito a guardare oltre. Un appello a diventare positivamente ”in-quieti”, a non stare fermi, a porsi in cammino verso nuovi baricentri, a porsi domande, a cambiare. A recuperare radicalmente la dimensione dello stupore.
Ma quell’angelo, in quanto figura mediana, eternità nell’attimo, nella sua distante dignità conforta e abbraccia. Il silenzio è la sua radicale parola.
Ci svegliamo da questa narrazione come da uno strano stato di trance da cui, per un tempo indefinito, siamo stati avvolti. I bicchieri son stati già da tempo portati via dal solerte, giovane cameriere. Attorno a noi solo rumori e brusio, anche un televisore permanentemente acceso, nostro piccolo tormento. Non c’è silenzio! Non è un luogo per angeli questo! Qui un angelo non si siederà mai a sorbire un soave e rinfrescante latte di mandorla.
E’ ormai sera tardi. Andiamo via, dopo che l’amico Massimiliano ha, cortesemente, versato il dovuto obolo per questa sera di mezza estate, in compagnia di tanti nostri silenziosi angeli.
Grazie Max!